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Satoshi Kon – monografia di uno dei registi più influenti del panorama giapponese

Sono sicuro che avete visto almeno una volta Inception. E magari, a qualcuno di voi, è anche capitato di vedere Il Cigno Nero di Aronofsky o Inland Empire di David Lynch. Bene, dovete sapere tutte le opere sopracitate sono, in parte, ispirate da dei film di un regista poco conosciuto ma dall'innata importanza artistica: Satoshi Kon.



Satoshi Kon è sulla vetta dei nomi più importanti nel panorama cinematografico giapponese, nell'ambito dell'animazione ma non solo. Nasce il 24 agosto a Tokyo e sviluppa subito una passione per l'arte. Nei suoi piani iniziali, non era presente il cinema in quanto, il suo sogno sin da bambino, era quello di diventare pittore. Ma si sa, la strada di un'artista è spesso piena di sorprese…



I primi passi nel cinema



Il primo approccio di Satoshi Kon con il mondo del cinema avviene come direttore artistico del film Roujin Z, scritto da Katsuhiro Ōtomo (il regista di Akira, per capirci). Dopo aver lavorato con Mamoru Oshii – regista di Ghost in the Shell – e preso parte a piccoli altri progetti, continua il suo sodalizio con Otomo. Nel 1995 arriva, infatti, Memories, un progetto di tre corti ideato dallo stesso Otomo che assegnò a Satoshi Kon la sceneggiatura dell'ultimo corto: Magnetic Rose.



Dopo aver imparato e preso ispirazione da due figure cardine dell'animazione giapponese di quegli anni, il debutto da solista nel mondo del cinema si avvicina.



Immagine tratta dal corto “Magnetic Rose”



Il primo lungometraggio: Perfect Blue (1997)



Nel 1997, una volta presa coscienza delle proprie capacità, arriva il primo lungometraggio. Perfect Blue (qui la nostra recensione) è uno dei fondamenti dell'animazione giapponese, un'opera pulp dalla forte identità che mise subito in chiaro le doti dell'artista.



Satoshi Kon struttura un film complesso, avanguardistico per gli anni in cui è uscito, per temi e rappresentazione della figura femminile. Un film sulla ricerca e scoperta del proprio Io, critico nei confronti dell'industria cinematografica misogina e capace di risaltare alcune ombre della cultura giapponese che, spesso, non hanno il coraggio di mostrare. Beh, come si dice in questi casi? Buona la prima!



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Poster di “Perfect Blue”



Millenium Actress (2001)



A distanza di quattro anni dirige e scrive il suo secondo film che, a sua volta, riscuote consensi tra l'accoglienza del pubblico e della critica. Una fantastica storia incentrata nel mondo dello spettacolo. Genya Tachibana decide di girare un documentario sull'ex stella del cinema Chiyoko Fujiwara, ormai settantenne. Dopo averla raggiunta nella sua abitazione lontana dal mondo, Genya si lascia trasportare dal racconto della donna che mischia vita privata ad aneddoti legati al proprio lavoro, mischiando sempre di più le esperienze personali con le trame dei suoi film.



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Poster di “Millenium Actress”



Tokyo Godfathers (2003)



Per il suo terzo lungometraggio decide di reinventarsi e virare su temi di un genere da lui mai affrontato prima. In questa Tokyo innevata, Kon struttura un racconto con protagonisti un trio di mendicanti che trova un neonato tra la spazzatura. Continua la sua critica sulla società giapponese sfruttando una narrativa incentrata sulle backstories dei protagonisti: un senzatetto, una persona transessuale e una ragazza scappata di casa. In questo caso, si va ad affrontare il tema dei senzatetto, dove la situazione in Giappone è fuori controllo.



Insomma, una morbida fiaba dai temi dolci e delicati; una carezza sul viso per festeggiare al meglio le vacanze natalizie.



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Poster di “Tokyo Godfathers”



Paranoia Agent (2004)



Nel 2004 arriva Paranoia Agent, prima e unica serie tv del maestro Kon. Forse la sua opera più complessa e strutturata, capace di racchiudere tutta l'essenza dell'artista giapponese. Attraverso una serie di storie legate da un'aggressione dalle tinte soprannaturali, vengono messi a nudo temi come il bullismo – tema purtroppo ancora attuale in Giappone – e le relazioni tra esseri umani. Una serie thriller stratificata e ricca di richiami agli altri classici di Kon come Perfect Blue.



“Le vicende di due investigatori che indagano sulle aggressioni di un misterioso ragazzo che a Tokyo aggradisce le proprie vittime con una mazza da baseball, apparentemente senza motivo, per poi dileguarsi nel nulla.”



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Poster di “Paranoia Agent”



Paprika (2007)



E terminiamo con la sua opera più ambiziosa: Paprika. Forse il suo film più conosciuto grazie ai chiari riferimenti che hanno ispirato, poi, Inception; è senza alcun dubbio uno dei film che hanno definito il mondo dell'animazione, capace di plasmare un universo onirico dove i sogni diventano realtà.



“Un invenzione nota come DC MINI permette agli psicanalisti di entrare nei sogni dei propri pazienti. Un ottimo modo per analizzare il subconscio umano, fino a quando non finisce nelle mani sbagliate…”



Ispirandosi al romanzo di Tsutsui, Satoshi Kon traspone fantasia e il delirio della mente umana con un montaggio e dei disegni fuori di testa.



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Immagine tratta dal film “Paprika”



La malattia



Dopo pochi mesi dalla diagnosi, Satoshi Kon muore all'età di 46 anni il 24 agosto del 2010 a causa di un tumore al pancreas. Con la sua educazione e delicatezza che lo hanno sempre distinto, pochi giorni dopo la sua morte è stato rilasciato un suo messaggio postumo di incoraggiamento per i fan:



“Pieno di gratitudine per tutto ciò che di buono c'è nel mondo, poso la mia penna. Con permesso. Satoshi Kon”

Fan dell'animazione e non solo, il nostro consiglio è di recuperare almeno una delle opere sopracitate, a partire da Perfect Blue, per capire lo stile del regista! E vi ricordiamo che, dopo il successo al botteghino dei giorni scorsi, quest'ultimo tornerà in sala grazie a Nexo Digitals l'8 maggio!



Qual è il vostro film preferito di Satoshi Kon? Fatecelo sapere con un commento!



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2 maggio alle 17:11

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